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Libri Stregati 2025

Quello che so di te

di Nadia Terranova

Sala 5, Vulci, Utero votivo
ETRU image

Nadia TerranovaQuello che so di te, Guanda

Un appunto in rosso, a destra della prima pagina del faldone, dice che Venera è la centotreesima donna internata nel 1928. 
Delle altre centodue entrate da Gennaio a Giugno potrei sapere tutto ciò che gli incendi e l'incuria dell'archivio hanno risparmiato - spero che ciascuna di loro abbia generato per sangue, affetti o affiliazione una persona che oggi ne ascolti il richiamo. Spero che le storie del manicomio si moltiplichino e che le internate, le degenti, le confinate, le represse, le isteriche, le esaltate, le ammattite, le nevrotiche, le uterine, le irrisolte invadano il mondo, il nostro mondo assurdo e fintamente stabile rendendolo la loro colonia"... (p.135)

"Sono abituata a pensare a Venera come al mio doppio, un fantasma vivo, un assalto alla mia coscienza. Rispetto a questo è persino secondario che nel mio sangue scorra il suo. Eppure è grazie al nostro filo matrilineare che ho il permesso di aprire la sua cartella clinica, di inverare la sua insistente apparizione". (...)

"Siamo una di fronte all'altra, e resta solo il corpo" (...) (p.138).

Utero votivo a stampo, fine IV-I sec. a. C, Deposito votivo di Fontanile di Legnisina, Vulci

Utero votivo a stampo, fine IV-I sec. a. C, Deposito votivo di Fontanile di Legnisina, Vulci

La scelta di un utero votivo nasce dal fatto che il libro di Nadia Terranova esprime la femminilità in tutte le sue innumerevoli sfaccettature, contraddizioni e fragilità ben rappresentate da un utero, simbolo della donna stessa, sorgente di vita e motore di tutte le sue scelte di benessere ma anche di malessere. La Terranova parte da sè stessa e attraverso la nascita della propria figlia indaga la storia della bisnonna, passando dalla mamma e da tutte quelle figure femminili che incontra.

La mitologia non è solo quella greca o etrusca, ma anche quella che ciascuno di noi si porta nella propria genealogia, tra gli antenati segnati da storie spesso reali o frutto di invenzione ma che si evocano nei racconti di chi viene dopo e li tramanda. C’è, nella maternità, uno strano potere diceva Virginia Woolf! Con "Quello che so di te", Nadia Terranova scava nei meandri della memoria, di quelle parole che rimanendo inespresse finiscono per imprigionare le donne, rivolgendosi a Venera, come lei esaltata ed esasperata da un ruolo che è travolgente come uno tsunami, quello di madre.

Fra il V e il II secolo a.c. una prerogativa del mondo etrusco sono i depositi votivi consacrati a divinità femminili nei quali si raccoglievano offerte per chiedere fertilità, gravidanze ottimali e protezione per madri e neonati. I doni votivi venivano rappresentati da organi maschili e appunto femminili atti alla procreazione . Sono manufatti prodotti serialmente a stampo e sono di terracotta. Nelle collezioni del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia tanti sono i doni votivi esposti nelle vetrine i quali ritraggono anche parti del corpo come testa, piedi, mani, di cui si chiedeva la guarigione o la protezione. I depositi votivi, come quello di Vulci, sono preziosi per la ricostruzione del pensiero religioso degli Etruschi, offrendo un'ampia gamma di informazioni sulle loro pratiche rituali e le loro credenze. 

testo di Valentina Billante

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