Statua fittile di fanciullo con la bulla, 410-390 a.C., Veio, Santuario di Portonaccio
Le statue, insieme agli altri oggetti votivi in ceramica e bronzo ed anche in materiale prezioso, come gemme e avorio, conservati nelle vetrine adiacenti, venivano dedicate alla dea in occasione dei riti di passaggio all’età adulta.
Nelle società antiche, e in particolare in Etruria, questo momento rappresentava una tappa fondamentale nella vita dell’individuo: segnava l’abbandono dei simboli dell’infanzia, come la bulla, che veniva consacrata alla divinità, e l’assunzione di quelli distintivi dell’età adulta. Analogamente, Bajani racconta un distacco necessario, maturato al termine di un intenso e sofferto percorso interiore. Solo recidendo il legame con il passato – “erigendo un muro inespugnabile”, anzi “mettendo un oceano in mezzo” – egli ha potuto costruire un’identità autonoma. Non si tratta di una celebrazione tradizionale, ma di un vero e proprio rito di rinascita: una palingenesi che segna l’inizio di una nuova e più consapevole stagione della vita, tanto da spingerlo ad affermare, senza esitazione, “sono stati i dieci anni migliori della mia vita”.
testo di Mariacristina Masci