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Libri Stregati 2025

Chiudo la porta e urlo

di Paolo Nori

Sala 14, Sezione epigrafica, Ansa in Bucchero
ETRU image

 Paolo Nori, chiudo la porta e urlo, Mondadori

"Che io, vorrei chiarire, non sono contrario alla grammatica, e alle grammatiche, mi piacciono molto, mi piacciono talmente che ho studiato non solo quella dell’italiano, anche quella del francese, e del russo, ho fatto anche sette esami di filologia, descrivo solo una condizione che ha fatto sì che per decenni la lingua scritta e la lingua parlata, in Italia, fossero come due territori distinti, uno da una parte e l’altro dall’altra, e la cosa che a me sembra incredibile è che noi, che parliamo italiano oggi, nel 2023, siamo tra i primi a trovarci in una situazione dove questa divaricazione, questa distinzione, è quasi caduta, noi ci capiamo tutti gli uni con gli altri, e il fatto che i nostri accenti, le nostre sintassi, l’ordine delle parole nelle nostre frasi, indichino, abbastanza chiaramente, di solito, da che parte d’Italia veniamo, a me non sembra un difetto ma un pregio, della nostra lingua (…)" (p. 61)

Il romanzo di Paolo Nori è un viaggio nella poesia di Raffaello Baldini e della doppia anima delle sue poesie scritte nel suo dialetto di Sant’Arcangelo di Romagna e da lui stesso tradotte in italiano, una ricerca filologica che si riflette nel ritmo e nelle cadenze del romanzo stesso.

Il passo scelto permette di fare alcune considerazioni sulla scrittura etrusca di cui oggi rimangono quasi esclusivamente iscrizioni. Molte di queste ripetono alcune frasi che suonano come formule, come nel caso dei doni, oggetti sui quali ritroviamo le stesse parole adottate su tutto il territorio etrusco, ma scritte in modi diversi a seconda dei luoghi. Questo rivela una caratteristica della scrittura etrusca che risulta essere una traslitterazione della lingua parlata in un alfabeto, quello greco, ripreso dalle popolazioni della Magna Grecia e adattato alla fonetica etrusca. I differenti modi in cui le stesse parole venivano scritte riflette quindi le diverse variabili fonetiche che la lingua etrusca ha assunto sul territorio, indicando la presenza di possibili “dialetti”. Poco rimane di quella che doveva essere la lingua parlata nel quotidiano: i rari esempi riconducibili a una scrittura letteraria non permettono oggi di ricostruire, se non in modo parziale, un linguaggio di cui rimangono però documentati i suoi accenti. 

testo di Francesca Montuori

Ansa di oinochoe in bucchero con iscrizione, inizi VI secolo a.C., Veio, Santuario di Portonaccio

Ansa di oinochoe in bucchero con iscrizione, inizi VI secolo a.C., Veio, Santuario di Portonaccio

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