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Cose mai viste

Le statue di Apollo e di Ercole

Inediti dello scavo di Portonaccio a Veio

Immagini dello scavo  
Nel maggio 1916, “…vennero trovati i frammenti di un gruppo di figure in terracotta, di grandezza naturale. Il pezzo meglio conservato è un Apollo al quale di parte essenziali mancano solo le braccia. Vi è poi la testa e parte del corpo di un Hermes, avanzi di una figura di Herakles che piantava uno dei piedi "su una cerva, legata per le gambe e posata col dorso a terra, e un frammento di una quarta figura, forse Artemide.”
Carlo Anti, L'Apollo che cammina, in Bollettino d’Arte, XIV, 1920, p. 173.
 

Immagini dello scavo. Archivio Fotografico Museo Nazionale Etrusco

Immagini dello scavo. Archivio Fotografico Museo Nazionale Etrusco

Foto di Giglioli. Scavo del Portonaccio. Archivio fotografico Museo Nazionale Etrusco

Foto di Giglioli. Scavo del Portonaccio. Archivio fotografico Museo Nazionale Etrusco

La scoperta delle statue
A poche ore dalla scoperta fu lo stesso Giglioli a documentare fotograficamente le statue mentre il Malavolta le riporta in luce. 

Così riporta il Giglioli sulla rivista Notizie degli Scavi di Antichità del 1919: “Le fotografie da me eseguite il 19 maggio 1916, poche ore dopo la scoperta, nel mentre documentano il modo del rinvenimento, mi risparmiano una minuta descrizione. Le statue, rotte, ma collocate così in piedi, non furono lì portate per caso; ma certo, quando fu condotta attraverso l’area sacra la strada romana, mentre parte del materiale si scaricava nella sottostante valle, furono ivi con cure deposte forse per il rispetto che destavano gli antichi numi. Levate dal Malavolta con ogni riguardo dalla terra, furono dopo poco portate al Museo Nazionale di Villa Giulia (...).”

La statua di Apollo e le altre ornavano la trave di colmo del tempio a tre celle di tipo tuscanico, eretto intorno al 510 a.C., nel santuario dedicato a Minerva, uno dei più importanti d’Etruria. Alloggiate su alte basi a zoccolo, variamente dipinte, le statue erano forse in numero di sedici (molte delle quali giunte a noi solo attraverso pochi frammenti) e si ergevano in funzione di acroteri a circa dodici metri di altezza. 

Ricostruzione dei gruppi statuari rinvenuti al santuario di Portonaccio realizzata dal pittore Odoardo Ferretti. Archivio fotografico Museo Nazionale Etrusco

Storie del mito greco                   
Illustravano, in sequenza di due o tre, storie del mito greco, almeno in parte collegate con il dio Apollo. La statua di Apollo formava con quella di Eracle (Ercole) un gruppo raffigurante la contesa tra il dio e l’eroe per la cerva di Cerinea, dalle corna d’oro, sacra ad Artemide (sorella di Apollo).
Il maestro che plasmò le statue è identificabile con il “Veiente esperto di coroplastica”, ricordato dalle fonti antiche, cui Tarquinio il Superbo commissionò la quadriga che sovrastava il culmine del frontone del tempio di Giove Capitolino. Si tratta certamente del massimo rappresentante della celebre bottega di cloroplasti veienti fondata da Vulca, il maestro chiamato a Roma da Tarquinio Prisco verso il 580 a.C. per eseguire il simulacro dello stesso Giove Capitolino.
 

Immagine Museo ETRU

Nel Museo               
La decorazione architettonica del santuario di Portonaccio e una selezione dei materiali archeologici rinvenuti nel corso degli scavi si trovano esposti nelle sale 39 e 40.

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