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Il decalogo di un museo Orhan Pamuk


Testo integrale del videomessaggio dello scrittore Orhan Pamuk, proiettato in apertura dei lavori della Conferenza Generale dei Musei organizzata a Milano dall'International Council of Museums (ICOM) nel luglio del 2016.

Il mio decalogo di un museo che racconti storie quotidiane

di Orhan Pamuk

Tutti, nessuno escluso, autentici tesori del genere umano; ma io sono contrario a queste preziose e monumentali istituzioni nel loro essere usate a modello per le istituzioni a venire. I musei dovrebbero esplorare e scoprire l'universo e l'umanità dell'uomo nuovo e moderno che emerge dalle economie in crescita nei paesi non occidentali. In particolare ho scritto questo manifesto all'indirizzo dei musei asiatici che stanno vivendo un periodo di sviluppo senza precedenti.

Lo scopo dei grandi musei statali sponsorizzati è quello di rappresentare uno stato e questo non è uno scopo né buono né innocente. Qui ci sono i miei propositi per un nuovo museo, alcuni temi su cui dobbiamo riflettere ora più che mai: i grandi musei nazionali come il Louvre e l'Ermitage assunsero forma di istituzioni turistiche con l'apertura al pubblico dei palazzi reali e imperiali.

Queste stesse istituzioni, ora simboli nazionali, presentano la narrazione di una Nazione, la Storia con la S maiuscola, come di molto più importante rispetto alle storie dei singoli. Questo è un peccato, poiché le storie individuali si prestano molto meglio a dipingere la profondità della nostra umanità.

La seconda riflessione che voglio introdurre è che le transizioni dai palazzi ai musei nazionali e dall'epica al romanzo sono processi paralleli. L'epica è come i palazzi: ci parla delle gesta eroiche dei re che li abitarono. I musei nazionali dovrebbero essere come dei romanzi ma così non è.

Tre: non abbiamo bisogno di altri musei che provino a costruire una narrazione storica della nostra società, della comunità, una narrazione di fazione, nazione, stato, società o specie. Noi tutti sappiamo che le storie ordinarie e quotidiane sono più ricche, più umane e soprattutto più gioiose.

Quattro: dimostrare la ricchezza della storia o della cultura cinese, indiana, messicana, iraniana o turca è fuori questione. Bisogna che sia fatto, certamente, e non è difficile da fare. La vera sfida è di usare i musei per raccontare con la stessa brillantezza, forza e profondità le storie degli esseri umani che abitano questi paesi.

Cinque: la misura del successo di un museo dovrebbe essere non la sua abilità nel rappresentare uno stato, una nazione, una società o una storia in particolare. Dovrebbe invece essere la sua capacità di rivelare l'umanità degli individui. Dovremmo giudicare i musei su questo criterio.

Sei: è imperativo che i musei divengano più piccoli, più orientati all'individuo e più economici. Questa è l'unica maniera in cui possano mai raccontare storie su scala umana. I grandi musei con le loro porte ampie ci invitano a dimenticare la nostra umanità e ad accettare lo Stato e le sue masse umane. È per questo che sono a milioni, al di fuori dell'occidente, ad essere spaventati dai musei. È perché questi vengono associati ai governi.

Sette: lo scopo dei musei di oggi e del futuro non deve essere di rappresentare lo stato ma di ricreare il mondo dei singoli esseri umani, gli stessi esseri umani che hanno patito sotto tiranniche oppressioni per centinaia di anni.

Otto: le risorse incanalate per i grandi musei monumentali e simbolici dovrebbero essere ridirette ai piccoli musei che raccontano le storie degli individui. Queste risorse dovrebbero essere utilizzate anche per supportare e incoraggiare le persone a trasformare le loro piccole case e le loro piccole storie in luoghi del racconto.

Nove: se gli oggetti non vengono sradicati dai loro contesti e dalle loro strade ma sono situati con cura e ingenuità nei loro luoghi naturali, possono avere modo di raccontare autonomamente le proprie storie. Ci servono musei modesti che possano onorare le strade, le case e i negozi che li circondano e trasformarli in momenti della loro esposizione.

In breve: il futuro dei musei è all'interno della nostra casa. La situazione è assai semplice: siamo stati abituati ad avere l'epica ma quello che ci serve sono i romanzi. Nei musei siamo stati abituati alla rappresentazione, ma quello che ci serve è l'espressione. Siamo stati abituati ad avere i monumenti, ma quello che ci serve sono le case. Nei musei avevamo la Storia, ma quello che ci serve sono le storie. Nei musei avevamo le nazioni, ma quello che ci serve sono le persone. Avevamo gruppi e fazioni nei musei, ma quello che ci serve sono gli individui. Avevamo musei grandi e costosi e continueremo ad averne ancora di più, specialmente in Asia, dove i soldi dei governi vanno a finanziare questi musei. Quello che ci serve sono però dei musei piccoli ed economici che si rivolgano alla nostra umanità.

Traduzione di Filippo Cristini
Testo estratto da la Repubblica del  4 luglio 2016

 

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