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Etru a Casa - Ritorno ai classici

Leucotea ed Eracle

5 Giugno 2020

di Antonietta Simonelli

Il nostro Ritorno ai Classici oggi si ferma nelle sale dedicate al santuario di Pyrgi (Santa Severa), porto di Caere (Cerveteri).

Qui, accanto all’altorilievo con Tideo e Capaneo dal frontone posteriore del Tempio A, la testa di Leucotea e il torso di Eracle coronato di pioppo, appartenenti al frontone anteriore dello stesso tempio, ma in un rifacimento più tardo, raccontano un’altra storia della saga tebana.

Testa in terracotta di Leucotea, frontone anteriore del Tempio A, santuario di Pyrgi, Cerveteri, 340-330 a. C

Testa in terracotta di Leucotea, frontone anteriore del Tempio A, santuario di Pyrgi, Cerveteri, 340-330 a. C

Ino, questo il nome di Leucotea prima di diventare una divinità, era figlia del fondatore di Tebe, Cadmo, e di Armonia, sorella di Agave e Semele; la prima in preda al furore aveva fatto scempio del corpo del figlio Penteo, che si era opposto al culto di Dioniso, suo cugino (Ovidio, Metamorfosi, III, vv. 701-733); la seconda, Semele, aveva concepito Dioniso da Zeus e, fulminata a morte per un inganno di Era, aveva dato prematuramente alla luce il bambino, che, finita la gestazione nella coscia del padre, era stato allevato proprio dalla zia, la “matertera” Ino (III, vv. 256-315).

Grande è l’ira di Era contro la donna e terribile la sua vendetta. Narra Ovidio che, scesa negli Inferi, “ad infernas sedes”, la dea chiama a sé le Furie e Tisifone seguita da Pianto, Paura, Terrore e Follia giunge nella casa di Ino e di suo marito Atamante, stordisce le loro menti e instilla nei loro petti un “furiale venenum”, un veleno che porta al delirio.

Torso in terracotta di Eracle, frontone anteriore del Tempio A, santuario di Pyrgi, Cerveteri, 340-330 a. C.

Torso in terracotta di Eracle, frontone anteriore del Tempio A, santuario di Pyrgi, Cerveteri, 340-330 a. C.

Ed ecco che Atamante scambia il figlio Learco per una belva e lo scaglia contro una roccia e Ino, a sua volta, “sconvolta dal dolore…manda un urlo e fuori di senno fugge coi capelli al vento” (vv. 519-521: trad. M. Ramous) stringendo al petto il piccolo Melicerta/Palemone con cui si getta da una rupe. Sembra quasi che i versi del poeta descrivano il volto di Leucotea, animato da un pathos profondo, con i grandi occhi sgranati e la bocca socchiusa.

Le traversie non sono ancora finite. Ovidio nei Fasti (VI, vv. 501-550) racconta che Ino giunta con il figlio alla foce del Tevere viene aggredita, di nuovo per ordine di Era, dalle menadi del luogo.

Grazie all’intervento di Eracle, che la riconosce come zia di Dioniso e compagna nelle persecuzioni ordite da Era, la donna riesce a salvarsi. Accolta in casa di Evandro, re degli Arcadi, apprenderà dalla sacerdotessa Carmenta, madre del re, che sarebbe diventata una divinità marina con il nome di Leucotea, che i Romani l’avrebbero assimilata a Mater Matuta, dea della nascita e dell’aurora, e che suo figlio Palemone, Portunus per i Romani, sarebbe stato venerato come dio dei porti.

Proprio alla dea Leucotea alcune fonti greche attribuiscono il santuario di Pyrgi, mentre Eracle, come dimostra la decorazione dei frontoni del Tempio B, in cui erano raffigurate le sue imprese, ricopre nel santuario il ruolo di “padrone di casa”. Capace di accogliere lo straniero e rispettare le leggi dell’ospitalità, egli rappresenta gli abitanti stessi di Caere, convinti sostenitori di quei valori.

 

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