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Etru a Casa - Ritorno ai classici

Eracle e il rapimento di Deianira

29 Maggio 2020

di Antonietta Simonelli

Oggi torniamo a parlare di Eracle. L'eroe è spesso rappresentato su oggetti esposti nel nostro Museo, non solo su vasi greci ed etruschi, ma anche in sculture di terracotta, come il busto collocato accanto alla Leucotea di Pyrgi o la poderosa statua di Portonaccio a Veio.

Di solito l’eroe è impegnato in una delle sue terribili fatiche, tema molto amato dagli esponenti dell’aristocrazia etrusca, che vedevano in quelle imprese un riflesso degli sforzi da loro compiuti per affermarsi socialmente ed economicamente.

Cratere attico con Eracle, Nesso e Deianira, Tomba 371, necropoli della Banditaccia, Cerveteri, 520-500 a. C.

Cratere attico con Eracle, Nesso e Deianira, Tomba 371, necropoli della Banditaccia, Cerveteri, 520-500 a. C.

Esistono, invero, altri episodi del mito che vedono protagonista Eracle e tra questi emerge una vicenda dagli esiti fatali, che avrà come estrema conseguenza la morte stessa dell’eroe e la sua ascesa tra gli dei dell’Olimpo; si tratta del rapimento di Deianira, sua sposa, da parte del centauro Nesso (Ovidio, Metamorfosi, IX, vv. 101-133). Per conquistarla Eracle aveva dovuto sconfiggere Acheloo, padre di tutti i fiumi, e forse non è un caso se il rischio di perderla di nuovo dipende ancora da un impetuoso corso d’acqua, l’Eveno in Tessaglia, gonfio di pioggia (v. 105: nimbis hiemalibus auctus), quasi impossibile da attraversare (v. 106: impervius amnis).

Narra Ovidio che Eracle, temendo per l’incolumità di Deianira, per guadare il fiume la affida incautamente al centauro Nesso.

Piatto etrusco su alto piede con rapimento di Deianira e divinità dell'uomo-lupo, Tomba 177, necropoli dell’Osteria, Vulci, Pittore di Tytios, 540-510 a. C.

Piatto etrusco su alto piede con rapimento di Deianira e divinità dell'uomo-lupo, Tomba 177, necropoli dell’Osteria, Vulci, Pittore di Tytios, 540-510 a. C.

Una volta giunto a nuoto sull’altra riva, l’eroe sente le grida della moglie e vede il centauro fuggire con lei, a quel punto con una freccia intinta nel sangue dell’Idra di Lerna lo colpisce a morte (vv. 127-128: missa fugientia terga sagitta traicit). Nesso biforme prima di morire dona a Deianira la sua veste intrisa di sangue velenoso (v. 130: mixtus Lernaei tabe veneni), che lei utilizzerà come filtro d’amore per riconquistare il marito, invaghitosi della principessa Iole, condannandolo, in preda alla follia, a una morte atroce (IX, vv. 200-202: nova pestis adest).

Se nel cratere attico da Cerveteri Eracle ha già afferrato la donna seduta sul dorso del feroce Nesso e minaccia con la clava il centauro, che ormai fermo si difende scagliando pietre, nella raffigurazione posta all’interno di un piatto da Vulci la dinamicità della scena è restituita dalla corsa dei tre personaggi, due inseguiti e un inseguitore.

Eracle, mentre volge lo sguardo verso Deianira, che fugge terrorizzata, si lancia contro Nesso che si arma sdradicando un albero: sembra proprio che l’eroe pronunci le parole che Ovidio gli attribuisce nei suoi versi, “anche se confidi nelle risorse equine, non mi sfuggirai: non con i piedi, ma con un colpo ti raggiungerò” (vv. 125-126, trad. M. Ramous).

Leggi il testo in latino del libro IX delle Metamorfosi
Leggi la traduzione in italiano
 

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