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Aiser - Un anno con gli dei Etruschi

Aprile e la dea Turan


La dea dell'amore

Fig. 1, Specchio in bronzo con Turan/Afrodite, Elena (ELINA), Paride (ELAXANTRE), Ermione (ERMANIA), da Praeneste (Palestrina), scavi 1859, V secolo a.C, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma

Fig. 1, Specchio in bronzo con Turan/Afrodite, Elena (ELINA), Paride (ELAXANTRE), Ermione (ERMANIA), da Praeneste (Palestrina), scavi 1859, V secolo a.C, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma

Il primo aprile a Roma era dedicato a Venere Verticordia (che volge i cuori): in suo onore le donne offrivano rose e fiori alla dea e si purificavano bagnandosi all’ombra di un mirto, come ricorda il poeta Ovidio (Fasti, IV, 133-139).

Gli Etruschi identificarono la greca Afrodite e la romana Venere con la loro dea Turan, una figura divina evidentemente connessa con l’amore, la fecondità e la bellezza. Il nome è molto simile al greco “tyrannos” (signore), tanto che le due parole potrebbero derivare da una stessa antichissima base, ma si può accostare anche al verbo etrusco “turuke” (dare in proprietà). Turan potrebbe quindi essere tradotto come “la Signora” oppure come “Colei che dà/concede”, ma nessuna ipotesi è stata finora confermata.

Non stupisce che la maggior parte delle immagini di questa dea a noi pervenute si trovino sugli specchi, degli accessori strettamente legati alla bellezza e al mondo femminile. Le raffigurazioni riguardano quasi esclusivamente scene tratte dalla mitologia greca e mostrano la facilità con cui Turan poteva incarnare Afrodite, ma sicuramente la dea aveva anche delle caratteristiche proprie, che oggi sono spesso difficili da cogliere.

Fig. 2, Fondo di coppa attica a vernice nera con iscrizione di dedica graffita sotto il piede: turns turce ramtha venatres (Ramtha Venathres ha donato a Turan), santuario di Gravisca (Tarquinia), Edificio Gamma, 440-430 a.C., Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma

Fig. 2, Fondo di coppa attica a vernice nera con iscrizione di dedica graffita sotto il piede: turns turce ramtha venatres (Ramtha Venathres ha donato a Turan), santuario di Gravisca (Tarquinia), Edificio Gamma, 440-430 a.C., Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma

Ad esempio, uno specchio custodito nel Museo (fig. 1) mostra Turan/Afrodite insieme con Paride, Elena e una figlioletta: la scena illustra una interpretazione del mito molto particolare, incentrata non tanto sull’infedeltà di due amanti, ma sulla vita familiare di una coppia. Da questa e da altre immagini di Turan si deduce per la dea etrusca una funzione di protettrice della famiglia.

Per quanto riguarda il culto non abbiamo indicazioni precise sui rituali, ma le iscrizioni votive testimoniano che la dea era venerata in diversi santuari e che le sue funzioni potevano estendersi alla protezione dell’infanzia e (perfino) alla sfera funebre.

Da ricordare è il santuario del porto di Gravisca, collegato con un emporio commerciale, che ospitava il culto della dea, venerata dagli Etruschi come Turan (fig. 2) e dai mercanti greci come Afrodite. Nel luogo sacro erano praticati anche riti in onore di Adone, il giovane amato da Afrodite, morto prematuramente e destinato a risorgere ogni anno in occasione della primavera.

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